lunedì 10 dicembre 2007

Rotville, la comunità mancata!

A Mastro Gennaro, cittadino rotondellese, che recentemente mi ha raccontato il suo disagio…e chiesto un aiuto per la sua idea-volontà di fare qualcosa per rafforzare lo spirito relazionale della nostra piccola
comunità mancata...
Nel 1958 un sociologo di nome Edward Banfield, studiando la cultura meridionale, e in particolar modo riferendosi ad una cittadina del sud Italia, che convenzionalmente chiamò Montegrano, coniò il termine familismo amorale.
Il ricercatore aveva osservato una logica egoistica implicita all’interno dei rapporti comunitari: ogni nucleo familiare, pensando che gli altri gruppi familiari si comportassero allo stesso modo, cercava di massimizzare i propri vantaggi materiali, e di breve periodo, a scapito del “bene comune” di lungo periodo.
Mettendo un po’ da parte la sociologia in senso stretto, nel 2003 è stato presentato Dogville, un grande capolavoro del regista danese Lars Von Trier…in cui si affronta in maniera sottile, forse unica, il tema della comunità e dei rapporti comunitari: mura invisibili, sentimenti violati e spezzati, riunioni forzate, sguardi violenti e indiscreti, pettegolezzi, pregiudizi, pseudo divisioni di ruoli, convinzione di bastare a se stessi, rapporti variabili in base all’umore, che a sua volta è condizionato dal tempo, e alle convenienze del momento; ma a giocare un ruolo chiave è il concetto di “accettazione”: dell’altro, dello straniero, del diverso, o semplicemente dell’uguale ritenuto diverso.
L’epilogo mostra inevitabilmente la fine del familismo amorale, del pettegolezzo, del pregiudizio, dei sentimenti violati, degli sguardi indiscreti, delle riunioni forzate, della pseudo divisione dei ruoli, della convinzione di bastare a se stessi…ma a quale prezzo? Speriamo di riuscire a scoprirlo presto con la proiezione del film!


Gianluca Bruno

9 commenti:

Gianluca Bruno ha detto...

Per i più curiosi: Montegrano, il paese studiato da Banfield, in realtà è Chiaromonte...Gianluca

Anonimo ha detto...

L’analisi di Banfield è ovviamente parziale, non so quanto scientificamente provabile, e sicuramente non estensibile ad altre realtà. Ma l’argomento posto da te è sicuramente provocatorio e induce a riflettere: quanto siamo vicini alla condizione di “Montegrano”? Esistono delle analogie?
L'argomento è molto stimolante come lo è parlarne in piena epoca di globalizzazione: come posso "massimizzare" subito miei vantaggi materiali utilizzando la rete? Quale è il nucleo di riferimento contemporaneo, analogo alla famiglia di Banfield? Un tempo "l'acqua alla fontana" l'unico pretesto per socializzare, e oggi?

Gianluca Bruno ha detto...

Caro Rocco, innanzitutto grazie per il tuo contributo costruttivo.
La mia vuole essere, come tu stesso hai ricordato, solo una provocazione...per innescare eventualmente una discussione locale su un tema scomodo, ma con il quale bisogna comunque confrontarsi.
Ad ogni modo, l'analisi di Banfield descrivere il sistema di valori tipico delle società rurali che si affacciano sul Mediterraneo (Spagna, l'Italia del Sud, la Grecia degli anni Cinquanta), dominate da un'agricoltura di mera sussistenza.
Inoltre, sarebbe molto interessante approfondire il tuo discorso sull'eventuale "nuovo nucleo di riferimento", nel nuovo mondo globalizzato, ma anche nei contesti local come il nostro... Probabilmente anche all'interno delle nostre famiglie, rispetto agli anni 50, i confini affettivi sono diventati più mobili, sono mutati radicalmente. Non c'è più la fame, ma l'ansia dei nuovi stili di vita complica l'antica semplicità. Allora nel corso di questi decenni abbiamo dovuto scegliere tra la fame e il caos?
E in questo caos chi/cosa rappresenta nelle nostre realtà territoriali la vecchia famiglia? O la vecchia fontana, alla quale facevi riferimento tu? A presto, Gianluca

Gianluca Bruno ha detto...

Tanto per richiamare in causa Rotondella: a che punto è l'integrazione con i Curdi-rotondellesi? Perchè negli ultimi anni non hanno continuato quella loro manifestazione (in cui si buttavano nel fuoco). Quella manifestazione, anche adesso che sono probabilmente più integrati, deve continuare...è un modo per farli sentire a casa; è un modo per affacciare la comunità rotondellese "culturalmente" oltre gli stretti confini locali; è un modo per creare una manifestazione attraverso la quale promuovere anche il nostro territorio (e riceverne tutti i vantaggi, anche economici)... A presto, Gianluca

pinosuriano ha detto...

Ciao cugino. Intervengo solo in breve sul caso delle tradizioni kurde che hai richiamato nell'ultimo commento. Avrei tanto da dire anche sul post, ma non faccio in tempo.
Ritengo che sarebbe una grande cazzata se i kurdi conservassero le proprie tradizioni non per spontanea iniziativa, ma sospinti da qualche nostro stimolo o (peggio)da qualche progettino finanziato, come peraltro è già avvenuto.
La passione culturale si difende spontaneamente, altrimenti non ha valore nè ragione di esistere.
Mi spiego: se una tradizione non si conserva per la "pigrizia" di quelli che dovrebbero esserne i portatori, non è un male, anzi è un bene che muoia.
"Vagliate tutto e trattenete ciò che vale" diceva San Paolo. Certe volte siamo presi dalla voglia di trattenere tutto, anche se per noi non vale nulla.
Forse ( e dico forse) per i kurdi il valore di quella tradizione non era eccessivo, altrimenti l'avrebbero difesa strenuamente. Pino

pinosuriano ha detto...

Naturalmente con tutto questo non voglio dire nulla di male contro i kurdi (civili e... per quanto ne so... mai causa di problemi sociali) nè contro la particolare tradizione, che, anzi, ha un valore storico-culturale richiamato anche dalla nostra civiltà.
La festa a cui alludi (il fuoco) è infatti quella del Newroz, che richiama la liberazione dagli assiri nella battaglia di Ninive(612 a.C.), che non a caso è diventata motivo di ispirazione per il Nabucodonosor di Verdi (meglio noto come Va Pensiero).

Gianluca Bruno ha detto...

Caro cugin Pino, sono pienamente d'accordo con te riguardo al fatto che le tradizioni, e tutti i valori di riferimento che fanno da contorno, debbano essere mantenute dai soggetti portatori di quegli stessi valori socio-culturali. E sono anche d'accordo sul fatto che sarebbe inopportuno, oltre che stupido, se fosse "SOLO" la popolazione ospitante a chiedere a gran voce il mantenimento del rituale del newroz...A me non interessa in questo caso specifico quello che non si fa più, cioè il newroz, ma perchè non si fa più! I curdi a Rotondella sono stati un esempio di diversità socio-culturale...e mi piacerebbe capire e discutere circa l'attuale stato del processo integrativo. Possiamo definirlo completato? Per quanto riguarda la mia analisi, la festa del newroz è semplicemente un indicatore (che prima c'era ed ora non c'è più). Può darsi che non ci sia più...e basta! (in questo caso, avresti pienamente ragione). Può darsi che non ci sia più perchè i portatori di quei valori non sono stati messi nelle condizioni di esprimere liberamente i propri valori di riferimento, attraverso una semplice manifestazione folcloristica.
Infine, per quanto riguarda i possibili vantaggi, in termini di marketing turistico e territoriale, per il territorio ospitante, non dobbiamo assolutamente scandalizzarci. Non è peccato! Basta fare una vacanza all'estero dove i rituali tipici del posto vengono mantenuti esclusivamente per il mercato turistico...In conclusione, e questa è sempre una provocazione, stavolta confezionata ad hoc per un pro-vocatore, anche il Natale, secolarizzato assieme ai tanti valori e rituali cristiani, è diventato, nella nostra società tardo moderna, un qualcosa che si ripete quasi per abitudine. C'è chi dice che il commercio mondiale subirebbe un colpo simile a quello dell'11 settembre, se il natale e le altre ricorrenze cristiane fossero eliminate...A presto, Gianluca

Gianluca Bruno ha detto...

Caro cugin Pino, nel commento di ieri hai fatto riferimento al fatto che finora la presenza dei Curdi a Rotondella non ha creato problemi sociali. Per quanto mi riguarda distinguerei tra disordini gravi e disordini meno gravi. Sui primi non posso che essere d'accordo con te. Sui secondi lo sono un pò meno (inutile ricordare l'episodio della lite di qualche tempo fa, ma ce ne sono stati anche altri).
Ad ogni modo, a me interessa interessa il presente e il futuro, chiaramente anche alla luce dei piccoli episodi che si sono susseguiti nel tempo.
Qualcuno si è posto il problema della lingua? Tutti i curdi rotondellesi parlano e leggono l'italiano? Perchè non si cerca di elaborare, ovviamente con il loro consenso e la loro collaborazione, un nuovo programma, all'interno del quale analizzare il loro stato d'integrazione e soprattutto il loro grado di conoscenza della lingua italiana? Per fare un esempio, se il 30% dei curdi rotondellesi non sa leggere in italiano, si potrebbe pensare di progettare un piccolo e poco costoso percorso formativo; e nel frattempo, per non escludere quei soggetti dalla cittadinanza attiva, pensare di tradurre gli avvisi pubblici anche nella loro lingua.
Non è sufficiente dire che fino ad ora non ci sono stati gravi disordini sociali. I disordini sociali, specie nei processi integrativi, vanno prevenuti...non curati!
Lo stesso discorso vale anche per le associazioni e per i partiti locali...dovremmo tutti mostrare un'apertura maggiore: magari alle prossime elezioni comunali si potrà esprimere la preferenza per un curdo rotondellese. O magari, tua/mia/nostra figlia si sposerà con il nipote di un curdo rotondellese! Gianluca

Anonimo ha detto...

Ciao! Mi incuriosisce sapere com'è diventata adesso la Montegrano descritta da Banfield. Ha fatto passi in avanti? Ci sono stati progressi? C'è una politica più articolata ed organizzata? Vige ancora la povertà e il regime agricolo del paesaggio? E le vie di comunicazione sono state rese più praticabili? é un paese ancora isolato? ....lo so, sono tante le domande e io sono davvero molto curiosa| Spero che qualcuno sia a conoscenza di queste informazioni ed abbia piacere a comunicarmele. Grazie, Anita