domenica 1 luglio 2007

L'epatite di Angelo e le condizioni del carcere

Angelo Falcone da qualche giorno non è più in carcere. Il giovane 26 enne è stato stabilmente trasferito in ospedale. Lo stato febbrile, che lo aveva tenuto fermo per pochi giorni, ha continuato a perdurare, insospettendo lui stesso e tutto il personale della casa protetta in cui è rinchiuso. La paura, a quel punto, ha cominciato a crescere, e solo i controlli ospedalieri hanno potuto chiarire la situazione: non si tratta di malaria, come si era sospettato dalla descrizione di alcuni sintomi, ma di epatite A. Solo a quel punto, per Angelo, sono terminati i continui trasferimenti dal carcere all’ospedale ed è avvenuto il trasferimento stabile nella casa di cura.
La malattia contratta, non grave e facilmente curabile, la dice però lunga sulle possibili condizioni della casa circondariale in cui è rinchiuso, già descritte da Angelo nella drammatica telefonata trascritta dal Quotidiano lo scorso 23 giugno.
L’epatite A, come si evince dalle più divulgate guide mediche,
si trasmette attraverso cibi contaminati e contatti interpersonali, ragion per cui la sua diffusione è legata alle condizioni igieniche generali, in particolare la contaminazione da parte di materiale fecale di persone infette, il che, in parole povere, vale in situazioni molto diverse: dal cuoco che non si è lavato le mani dopo essere andato in bagno agli scarichi fognari che contaminano acque dalle quali si prelevano frutti di mare. Provoca una malattia acuta che negli adulti (di cui il 60/70% è stato vittima della malattia anche se in forma asintomatica) è decisamente più grave: produce ittero, costringe a letto per qualche settimana e talvolta ha code abbastanza lunghe. Tuttavia, non diventa un’infezione cronica e le forme mortali (fulminanti) sono davvero molto rare.

Pino Suriano

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